Siamo figlie delle streghe che non riuscisti a bruciare

Traduzione del post originale Somos hijas de las brujas que no pudiste quemar, di Carla Trepat

“Oggi ho fatto un sogno, mi sono svegliata piangendo, a volte fa male ricordare però a me piace, preferisco vivere sapendo che morire dormendo.

Doveva essere molto tempo fa, forse durante l’epoca medievale, ero vestita di stracci e tutte le costruzioni introno a me erano di pietra. Io gridavo contro un uomo che montava a cavallo, lui mi guardava con disprezzo, senza molte parole, con altri della sua banda sempre a cavallo che mi circondavano, io guardavo verso il mio paese e non restava quasi più nessun uomo che poteva proteggermi, tutti erano morti e le donne, con i figli presi per mano, non volevano rischiare, troppi erano già morti…

Mi infilzano una lancia a quattro denti nel ventre e trascinandomi al suolo egli grida che se c’è qualcuno che vuole parlare che lo faccia ora, o che taccia per sempre.

Tutti stettero in silenzio, troppi erano già morti…

Il mio cadavere fu appeso nella piazza del paese, così che ogni giorno tutti e tutte potessero ricordare che fine avrebbero fatto se avessero parlato. Da quel momento le donne e i bambini si chiusero in casa, e non c’era più allegria, non c’era più festa, non c’era più fratellanza e nemmeno amicizia. Il prezzo era troppo alto…

Tutto quello che sapevano, lo dimenticarono e le poche prove dell’esistenza di un altro modo di vivere, di essere e di relazionarsi, venne distrutto da quelli che montavano a cavallo, cambiarono la storia, i racconti… TUTTO.

Non rimase nessun ricordo di quest’altra tappa, in cui le donne festeggiavano costantemente la vita, in cui i bambini vivevano tranquilli e in pace circondati dalla famiglia allargata, non solo dalla famiglia “di sangue”, bensì [quella in cui] tutti erano genitori, nonni, zii, fratelli… la tribù.

Da quel momento il dolore che sentirono le donne arrivò fino al loro intimo più profondo, si insediò nel loro ventre, nei loro cuori. Si fissò duro come una pietra. Non batteva più, quell’utero non rideva più e qualsiasi movimento causava dolore. Le loro mestruazioni iniziarono a essere dolorose, la sessualità si trasformò in un esclusivo strumento di procreazione, per creare servitori del “signore” e con ogni parto soffrivano l’inferno e molte morivano, troppo dolore e tristezza si liberava come per continuare a vivere.

Questo dolore venne trasmesso di generazione in generazione, se essere donna è questo, meglio essere un uomo. Attualmente viviamo in una società dove le donne hanno adottato il ruolo degli uomini, però nessuno vuole quello delle donne, quello di accuditrice… Però è che forse essere donne non vuol dire solamente questo…

Sono mamma di una bambina di 10 mesi e vivo in piena campagna isolata con mio marito, e ogni giorno vedo e so che la natura umana non è fatta per crescere così i suoi figli, sento che ho bisogno di molto meno, condividerlo con più donne e più uomini e poter così festeggiare la VITA. Dove finirono quelle tribù di uomini e donne uniti per vivere, per progettare e celebrare la vita?

Quegli uomini che montavano a cavallo ora governano il mondo, e tristemente fungono da modelli di riferimento per molti altri che vogliono essere così. Io so che un altro mondo è possibile, almeno anticamente era diverso, lo sento nel mio ventre, certamente tutto è stato dimenticato e qualsiasi prova cancellata… vabbè, fa lo stesso, confido più nelle mie stesse sensazioni e so che può essere diverso.”

familia copia

“Scrissi El tesoro de Lilith per ricordare a me stessa e a chiunque desideri leggerlo che abbiamo bisogno di ricordare ciò che siamo stati, abbiamo bisogno di recuperare la nostra saggezza, la nostra fiducia e libertà per poter dire BASTA davanti a tanta atrocità. Solo donne e uomini liberi potranno creare un altro mondo, un’altra forma di relazionarsi e un’altra forma di essere.

Una libertà che inizia per ricordarci le nostre reali radici e che ognuna deve essere se stessa.

Io non sono figlia di una strega che bruciarono, io sono Lilith,
mi bruciasti migliaia di volte e io continuo a tornare,
perché non puoi uccidermi,
vivo nel più profondo di ogni bambina, di ogni ragazza e di ogni donna,
sono il seme della saggezza.
Se loro si prendono cura di me crescerò.”

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